mercoledì 4 gennaio 2012

Lettura consigliata

Liberalizzazioni – “Vi racconto le mie disavventure con i taxi”

 di Alessandro Sala


Niente liberalizzazioni per tutelare la professionalità garantita chi già opera nel settore, a vantaggio anche del cliente e della sicurezza. E’ il succo della lettera del tassista Luciano Galbiati in difesa dei titolari delle auto bianche e delle loro prerogative, pubblicata lunedì sulla Nuvola.
Dopo averla letta mi sono tornati alla mente alcuni miei recenti tragitti in taxi. E i personaggi che di volta in volta stavano al volante: – il tassista che ha guidato dal centro di Milano a Lissone, in Brianza, tenendo in funzione per tutto il percorso il televisore lcd fissato sul lato sinistro del cruscotto (visibile cioè solo a lui, non era un servizio di cortesia per il cliente), sintonizzato sul programma di Alfonso Signorini;
- il tassista che mi ha raccontato orgoglioso di avere rifiutato in segno scherno il pagamento dal cliente che gli aveva chiesto di portarlo “solo” dal terminal 2 al terminal 1 di Malpensa e di avere fatto altrettanto con un altro che gli aveva chiesto un trasporto da Malpensa a Ferno, pochi chilometri più in là, facendogli perdere la fila e la possibilità di incassare una tariffa più sostanziosa (come quella da più di 100 euro che gli si prospettava con il mio trasporto), sostenendo che “certi passeggeri sono una brutta razza, meglio perderli che trovarli”;
- il tassista che, non avendo il pos per il pagamento bancomat/carta di credito, mi ha chiesto di poter maggiorare la cifra (39 euro) di 11 euro per fare cifra tondaperché non ho il resto e tanto se è per lavoro poi le faccio la ricevuta e a lei la rimborsano” (ma al mio rifiuto il resto è magicamente saltato fuori);
- i tassisti che i pagamenti bancomat o carta di credito non li accettano proprio, nonostante si sia nel 2012 (a Riga, in Lettonia, per dire, ho avvisato il tassista che non avevo valuta locale e che avrei potuto pagare solo con carta di credito il breve tragitto dall’hotel alla stazione ferroviaria, sentendomi rispondere che non ci sarebbero stati problemi anche se la tariffa era l’equivalente di meno di 4 euro);
- il tassista che ha puntato sulla A4 e non sulla consueta A8 per il tragitto Malpensa-Brianza (tariffa a tassametro, non flat) infilandosi così in un ingorgo da incidente di cui “mi dispiace tanto, ma nessuno dei miei colleghi mi aveva avvisato (eppure la radio era sintonizzata su una stazione che seguo anche io trasmette le info-traffic ogni mezz’ora);
- il tassista che tornando da Malpensa avrebbe preteso, se non mi fossi opposto, di percorrere una statale tra Busto Arsizio a Monza anziché l’autostrada deserta (era mezzanotte passata) perché il navigatore gps gli suggeriva quell’alternativa come la più veloce;
- il tassista che a Roma ad ogni semaforo (e non solo al semaforo) chattava via Facebook con il suo smartphone; – il tassista che, sempre a Roma, durante una coda, ha abbassato il finestrino e si è messo a discutere per cinque minuti buoni con un collega sulla campagna acquisti della Lazio incuranti entrambi dei rispettivi passeggeri; – il tassista che mi ha ospitato su un’auto con i sedili strappati, pieni di briciole e l’abitacolo dall’aria irrespirabile per l’odore di fumo stagnante.
Non se ne abbia a male, signor Galbiati, ma l’elenco potrebbe continuare. Ci potrei aggiungere anche l’esperienza di un amico manager brasiliano, per la prima volta da solo in Italia e quindi con molti limiti di lingua (lui parla perfettamente inglese e francese, il tassista gli ha detto di conoscere solo l’italiano), chiamato a pagare 200 e non 20 euro per il tragitto Linate-stazione centrale.
Potrei essere stato solo sfortunato, nonostante l’ampia casistica. Ho incontrato anche tassisti seri, ma finché così tanti episodi negativi capitano ad una sola persona diventano un po’ una statistica (personale, sia chiaro) e quindi fa davvero strano sentire parlare di “professionalità”.
Ciò detto, le rivendicazioni sindacali sono sempre legittime. Non entro nel merito, anche se in quanto a tariffe mi si dovrebbe spiegare perché in assenza di quota fissa, valida solo per chi vive nel capoluogo, per un trasporto dagli aeroporti milanesi alla mia abitazione spendo la stessa cifra, e in alcuni casi anche meno, utilizzando un servizio di taxi privato (Ncc), con l’autista sempre gentile e il veicolo di categoria superiore e sempre impeccabile.
Sono d’accordo con Galbiati sul fatto che i taxi debbano essere un «servizio pubblico complementare e di supporto del trasporto pubblico collettivo». Ma mentre all’estero la sensazione è davvero questa (e peraltro le tariffe sono incoraggianti, il taxi non è considerato roba da ricchi), in Italia lo è decisamente meno.

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Più o meno a tutti sono capitate disavventure del genere, altro che poche mele marce! Qua c'è un alone di sfiga nera che perseguita tutta la cittadinanza.

3 commenti:

Riccardo ha detto...

un totale disservizio

http://tassistiladri.blogspot.com/

si alle liberalizzazioni!

Alessandro ha detto...

La vera liberalizzazione sarebbe annullare la licenza in automatico quando muore l'assegnatario. Crollerebbe l'indegno mercato (nero?) della compravendita chiusa.

Alessandro ha detto...

O, ovviamente, raggiunta una certa età.

Chi sono gli utenti più indisciplinati a Roma?